4. terza tappa: IL BOSCO E LA VALLE



AMBIENTE NATURALE, AMBIENTE UMANO

La bella mulattiera che parte qui collega il paese a lööch del Gebio e alla “via del ferro”. Scendendo dal paese verso la valle ci si inoltra nel bosco dove si possono notare varie essenze: prevalgono le
latifoglie - tra cui querce, faggi, betulle, castagni, noci - ma non mancano conifere come il pino e l’abete.


In passato il bosco costituiva una grande risorsa

I frutti come castagne e noci erano essenziali per l’alimentazione; il legno veniva utilizzato per l’edilizia, per le necessità domestiche e per produrre carbone; lo strame serviva per le lettiere degli animali e il concime, ma anche per imbottire i materassi (la bisàche, stramazzo di foglie di faggio). La pulitura dei boschi, poi, non rappresentava una fatica inutile, perché consentiva in ogni stagione di procurarsi liberamente i baléi (fascine di legna sottile) anche nei boschi comunali.

Lo sfruttamento intensivo delle foreste portò addirittura ad un rischio di disboscamento, tanto che in epoca asburgica si introdussero forti limitazioni all’uso privato a tutela dell’attività siderurgica.

Una menzione particolare va fatta della coltura del castagno. La castagna è stata sempre un alimento fondamentale delle popolazioni contadine, considerata una primaria fonte di vita e di reddito, tanto da essere chiamata "pane dei poveri". Veniva raccolta e conservata con un processo di essiccazione e affumicatura. Alla sèlve (selva di castagni) era dedicata una cura attenta: si ripuliva il sottobosco, tenuto a prato, e gli alberi venivano sapientemente innestati.

Proseguendo per questa mulattiera si raggiunge il GEBIO, un lőőch un tempo molto appetito (vi si trovavano ben 32 rustici) per la
posizione facilmente raggiungibile dal paese ma prossima anche all’alta Valvarrone e all'alpeggio di Chiarino. Nelle cascine era deposto infatti anche il fieno selvatico (sciargnòon) portato a valle dagli alpeggi e lo strame raccolto nei boschi.


L’ORIGINE DELLA VALLE

Le tre terrazze moreniche che si fronteggiano a mezza costa (dove sorgono l’abitato di Premana e i nuclei rurali di Ronco e Porcile -vedi immagine), i depositi di sabbia di fiume rinvenuti nella località detta Zoche) e i massi erratici che talora si riconoscono nella valle sono tracce dell’attività erosiva di un ghiacciaio.
Si tratta di una lingua del ghiacciaio della Valtellina che “risaliva” dal lago dando forma ad una valle glaciale ”ad U”. Ritiratosi il ghiacciaio, il torrente - che presumibilmente in origine scendeva attraverso la bocchetta di Piazzo verso la Val Casargo – si incanalò
verso Dervio, scavando sempre più profondamente il suo corso ed originando l’attuale Valvarrone.


🥾Sulla mappa: la mulattiera che scende al Gebio (tracciato azzurro, bollino rosso) e il percorso alternativo attraverso i nuclei de l’Aquadȕsc e della Prodace (tracciato nero, bollino giallo).

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